Bioglio. Il sogno di un buon vino “nell’infernot” fatto con la propria uva!

Cosa può succedere a leggere un libro dove i protagonisti delle vicende mirabolanti sono degli adolescenti che sfidano il destino? S’intende non un libro a caso ma un “classico” sempre vivo come “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain? Forse non c’è nessun legame con la sua lettura (avvenuta molto tempo fa all’epoca della scuola dell’obbligo) ma vi posso raccontare quello che ha fatto negli ultimi cinque anni il biogliese Nicolò Florio. Per la verità non è stato per nulla semplice raccogliere questa testimonianza, ci sono voluti molti mesi e vari incontri che ci hanno fatto conoscere meglio, questo perché Nicolò ha un suo chiodo fisso “Non mi piace apparire, preferisco fare”.

Tutto comincia da una vigna che si scorge dalla strada dove passeggiavo alla scoperta della zona (le frazioni del paese di Bioglio, tutte su e giù per le colline, hanno una loro impronta caratteristica che le distingue le une dalle altre). Si scende dal centro del paese e ci si ritrova uno spettacolare scenario su campi verdi e le classiche montagne sullo sfondo, poco dopo un giardino molto curioso con giaguaro, cigno e pecorella (finti ovviamente). Il vigneto di Nicolò pare un posto preferito dalle libellule, infatti le vedi sostare all’apice dei pali della recinzione in gran numero e quando è giunto il giorno della visita alla vigna me lo ha confermato Nicolò stesso. Sarà un piccolo particolare ma le libellule vivono laddove c’è un ambiente naturale e questi vigneti sono curati, in effetti, con metodi il più possibile naturali perché come mi spiega Gianni Moggio, l’agronomo esperto di potature che collabora alla conduzione del vigneto “Tutto quello che si fa per la pianta finisce nell’uva e quindi nel vino”.

Questo è un terreno sabbioso come lo si ritrova in gran maggioranza nelle terre del nostro Piemonte ed è di origine marina: i minerali che contiene lasceranno il loro carattere nella composizione del vino. Il pensiero ben chiaro tanto da diventare un obiettivo concreto per Nicolò era proprio questo “Voglio un vino buono da bere, di qualità; – mi dice Nicolò – aspetterò che la vigna maturi per darmi più uva e poi un giorno avrò una cantina con tante bottiglie, magari anche millecinquecento. Per il momento nella mia cantina c’è il primo vino della vendemmia 2020, naturalmente Nebbiolo!” . La vedrò anch’io la cantina, alla fine del giro fra i filari e mi vengono fatti notare tutti i lavori fatti per adeguarla alle norme. Ci sono i grandi contenitori in acciaio di misure diverse e c’è anche il “crottino” che Nicolò chiama l’infernot, una stanzetta freschissima che ospiterà le bottiglie.

“Nicolò quando è cominciato il tuo lavoro in vigna e perché?”

C’è da sorprendersi ad ascoltare come tutto inizia solo cinque anni fa e per via di un incontro in birreria con amici dove conosce Fabio che gli racconta del suo lavoro, il vignaiolo. Nicolò sta cercando qualcosa di nuovo da fare, che sia stimolante e soddisfacente e l’idea della vigna giunge come una folgorazione. Nei terreni dove già il nonno coltivava l’uva ha inizio la sua nuova avventura di vignaiolo per passione, del vino e della terra. Perché lui di professione si occupa di investimenti ed è contento che una parte del denaro così prodotto torni alla terra. E poi c’è Matteo, suo figlio, un ragazzino giovane come Tom Sawyer che deve ancora scegliere cosa farà da grande “ma se vorrà – dice Nicolò “troverà qui in questi fazzoletti di terra con i vigneti una base da cui ricominciare, oltretutto non sarebbe solo avendo due cugini coetanei!” Ho modo di incontrare anche Alessio, cugino e padre dei due ragazzi, che da un po’ di tempo ha deciso di cambiare vita e dopo aver lasciato il lavoro in una fabbrica tessile, ha abbracciato il lavoro agricolo e cura la gran parte dei lavori nelle vigne. Come è accaduto a marzo continua a spiegarmi Nicolò “L’ultima vigna, la mia ultima pazzia è nata nel dicembre 2020 quando ho scoperto per caso un vecchio terrazzamento fra i rovi e poi subito dopo abbiamo bonificato il terreno con l’aiuto di Alessio e piantato le barbatelle”. “Quella notte – ricorda Nicolò – ho cercato di chi era il terreno confinante, così la mattina dopo ho telefonato subito e sono andato a parlare con l’erede che dapprima non voleva vendere il terreno poi ha accettato; fatto sta che sono tornato a casa con l’accordo per l’acquisto”.

Me la mostrano con orgoglio la nuova vigna appena nata, il vignaiolo per scelta di vita e Gianni, “l’agronomo che considera la vite come un essere vivente”, così me lo descrive Nicolò. “Le potature sono importanti ma sono sempre un trauma per la pianta. Occorre quindi studiare il tipo di intervento migliore per la pianta e per quello che vuole ottenere il viticoltore”. La collaborazione fra Gianni e Nicolò funziona molto bene, hanno uno scopo comune: curare bene ogni pianta di vite per fare una buona uva che diventerà poi buon vino. Resta ancora complicata la lotta agli insetti che attaccano la vite come la Popillia Japonica che si vede ad occhio nudo e ha pure dei bei colori. Peccato che non essendo un insetto autoctono al momento non ha antagonisti che la “mangino” anche se si stanno facendo esperimenti. Ci vorrebbe molta più ricerca in questo campo, mi confermano Nicolò e Gianni “per noi giovani agricoltori che abbiamo voluto fortemente ritornare a lavorare la terra è vitale poter contare su aiuti e sostegni pubblici che ci consentano di continuare e migliorare il nostro lavoro!

Anna Piovesan

Era il 28 novembre 2020, il primo articolo sui vigneti di Bioglio e sulla storia della viticoltura nel Biellese, scritto con l’aiuto prezioso di Gianni Moggio, agronomo e sostenitore dei giovani viticoltori “I am agricolo project”

“Ad una forestiera curiosa com’è la redattrice di queste “cronache verdi” non par vero di scoprire un volto conosciuto in quel vigneto di Monte, è proprio Nicolò Florio il papà di queste giovani viti che ha voluto rimettere a dimora dove un tempo c’erano i vigneti di suo nonno. Sarà diverso, e come, il lavoro del viticultore oggi?

“Il presente contributo rientra nelle azioni previste dal progetto comunale denominato BioFarmLab cofinanziato da GAL Montagne Biellesi PSR 2014-2020 MIS. 7 SOTT. 7.4 OP 7.4.1” Progetto Bi(o)FarmLab- Quattro comuni, un progetto integrato di sviluppo sostenibile e solidale Bando Gal 2017