La nuova lettera del Sindaco al PRESIDENTE MATTARELLA

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Dopo la lettera di risposta inviata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per mano del consigliere di stato Giancarlo Montedoro, ecco la nuova lettera del sindaco Stefano Ceffa che cerca di portare alla luce la difficile situazione dei comuni italiani.

Onorevole Presidente,
desidero innanzitutto ringraziarLa per “il caloroso sentimento di ideale vicinanza” trasmessomi per tramite del Consigliere di Stato Dott. Montedoro cui vanno i miei ringraziamenti per aver considerato la mia lettera che ho inviato alla Sua attenzione nello scorso mese di aprile e per la vicinanza che ha voluto accostare alla Sua. Vorrà perdonare l’impudenza di un giovane, ma non più tanto giovane, Sindaco se ritengo, però, quella risposta, sebbene connotata da assoluta ortodossia costituzionale, caratterizzata anche da un eccesso di prudenza. Mi perdoni Presidente, non intendo offendere la sua storia richiamando l’articolo 87 della Costituzione ma mi permetto di invocare una sua parola, forte, in difesa delle autonomie locali al di fuori dei contesti istituzionali nei quali con le autonomie ci si confronta come avvenuto recentemente a Cagliari nell’occasione dell’Assemblea Nazionale dei Piccoli Comuni tenutasi nello scorso mese di Luglio dove ho sinceramente apprezzato i contenuti della lettera che ha inviato. Mi permetto per questo di esprimerLe che i temi delle difficoltà vissute dalle autonomie locali, del loro assassinio, dello sfascio cui sono costretti i comuni, della corruzione di uno stato che non riforma se’ stesso ma smonta le ultime garanzie per i cittadini sono elementi che giustificherebbero una presa di posizione netta e decisa, Repubblicana e Costituzionale, fino a giungere all’attivazione delle prerogative attribuite alla Presidenza della Repubblica attraverso il disposto del II comma dell’art. 87 mediante l’impiego del Messaggio alle Camere. Il Consigliere Montedoro mi ha giustamente rappresentato i limiti delle prerogative della Presidenza della Repubblica, quei limiti insegno quotidianamente ai miei allievi che si avvicinano allo studio del Diritto. Personalmente non solo non auspico Lei li voglia valicare ma non voglio neppure personalmente io valicare i limiti del rispetto umano dando la sensazione di attendermi un Suo intervento in ragione di questa missiva. I miei studi mi portano però a ricordare che il contenuto e le finalità del messaggio formale per parte della dottrina dovrebbe essere ricollegato alla funzione di controllo esercitata dal Capo dello Stato in base al I comma dell’art. 74 anche al fine di controllare l’operato governativo sotto il profilo dell’indirizzo politico costituzionale, senza evidentemente interferire nella formazione della volontà del Governo. Altra parte della dottrina rileva che oggetto di messaggio possa essere anche la pubblica denuncia di violazioni costituzionali commesse dall’esecutivo. Vi è poi unanime condivisione in dottrina rispetto all’assunto che tale strumento possa essere impiegato per la segnalazione di necessità comuni o per un richiamo ad esigenze particolarmente sentite nel Paese, ponendosi sempre al di sopra e al di fuori dagli schieramenti politici, ovvero possa tradursi infine in un invito alla concordia e alla conciliazione nazionale. Comprendo bene che non ho alcun titolo né per ricordarLe la Costituzione di cui è supremo garante, né per pensare di poter influenzare le Sue decisioni, ma faccio appello al Suo coraggio per dare voce al sentimento comune che vede nella tutela dei comuni un’esigenza sentita dalla comunità civile di questa nazione tribolata e la cui negazione comporterebbe l’aver interrotto la connessione con il senso di una comune preoccupazione che è quella dei cittadini che vedono nei comuni l’ultimo interlocutore di uno Stato che appare sempre più distante. Mi riappello dunque a lei Presidente. Da tempo abbiamo cessato di appellarci alle Supreme Magistrature dello Stato ritenendole polverosi soprammobili da esporre come cimeli a qualche parata o a capodanno e che dietro un finto parlamentarismo, sopraffatto da un potere esecutivo sempre più invadente in conseguenza di una costituzione materiale che nessuno ha mai studiato ne’ visto, sono state fustigate e additate, talora, come un clandestino rispetto alla costruzione di una comunità realmente Repubblicana che vede negli organi di garanzia i supremi baluardi di giustizia. Abbiamo compreso, Presidente, che la nostra individualità che tanto veneriamo non è in definitiva soltanto nostra ma appartiene alle nostre comunità che hanno bisogno della forza delle Supreme Magistrature dello Stato per rimettere in equilibrio un sistema violentato e oltraggiato da scelte politiche scellerate ma purtroppo anche da troppi silenzi. Ho molte ragioni per entrare ogni giorno nel mio Comune e per spendervi la mia esistenza e le mie energie. Una di queste è il giuramento che ho fatto a questa Repubblica. Non consenta che questa vita, la mia vita, venga spesa “al netto di quel giuramento” in quanto i miei cittadini, da soli e a prescindere da quel giuramento, bastano a giustificare il mio lavoro e la fedeltà all’impegno assunto all’atto della mia elezione; ma vestire la fascia tricolore mi ha fatto assimilare la comprensione che è il senso di appartenenza alla nostra Repubblica e alla sua storia che, restituendoci il senso di una comunità vera, potrà consentirci anche di ritrovare quelle energie straordinarie capaci di cambiare il verso ad una futuro che ci appare sempre più incerto ma al quale non vogliamo arrenderci.
Voglia perdonare il contenuto di questa lettera, la sua impudenza e la sua imprudenza e voglia perdonare anche chi l’ha scritta ma commetterei un oltraggio a me, alla mia comunità, alla mia coscienza, oltre che al mio Presidente della Repubblica se non chiedessi al mio Capo dello Stato una parola di speranza in difesa dei Comuni, della Costituzione e del futuro delle nostre comunità che devono poter contare almeno sull’impudenza di alcuni per confidare in un futuro di speranza per tutti.
Distintamente.

Il Sindaco di Bioglio
Stefano dr Ceffa