“Viaggio nel tempo”. Lunga vita alla vigna delle colline biellesi!

Ci sono le fotografie d’epoca per immortalare le viste “dei panorami” e ci sono i racconti, specie di disegni fatti di parole, a far emergere dal “negativo della storia” come erano, molti decenni orsono i territori collinari di Bioglio. Un forestiero che si avventuri oggi a piedi sulle strade biogliesi osserva che sono tutte circondate o immerse in un’estesa macchia verde con alcune curiosità: come scoprire un piccolo terrazzamento coltivato a vigna.

Allora questa era o è ancora una buona zona da vini? Se il vento sibila e sussurra, le foglie della vite tacciono o forse solo un viticultore esperto o viticultrice, s’intende, sa interpretare i loro suoni. Ad una forestiera curiosa com’è la redattrice di queste “cronache verdi” non par vero di scoprire un volto conosciuto in quel vigneto di Monte, è proprio Nicolò Florio il papà di questi giovani viti che ha voluto rimettere a dimora dove un tempo c’erano i vigneti di suo nonno. Sarà diverso, e come, il lavoro del viticultore oggi?

A questa domanda Nicolò mi invita a conoscere un suo amico, esperto di vite e di storia, Gianni Moggio che mi stupisce subito “Lo sa che duecento anni fa nelle nostre zone, comprese nel territorio Alto Piemonte c’erano cinquemila metri di terreni coltivati a vite, oggi sono 500? Per di più risultava che si aveva più coltivazione di viti qui che nelle Langhe!” La notizia viene da una fonte storica documentata e risponde al nome di Domenico Milano, professore di fisica e di agricoltura Reale società agraria di Torino che nel 1839 scrive gli esiti delle sue ricerche “sul territorio” nel manuale “Sulle viti e sui vini della provincia biellese”.

Veniva citato anche Bioglio? “Sì, nell’elenco di terreni vitati e vini di seconda qualità compare anche Bioglio. Non vi erano all’epoca altri criteri di valutazione se non il gusto, personale, del recensore.” Le differenze non tardano ad emergere: nei secoli passati la viticultura era massiva, cioè di quantità ma non veniva cercata la qualità, i vini prodotti dai numerosi vigneti familiari erano molto “leggeri”, 6 gradi alcolici più o meno.

Come ad anticipare la mia domanda Gianni Moggio mi spiega “Coltivo insieme ad un gruppo di amici viticultori biellesi la passione per il vino e la vigna, il mio lavoro si svolge proprio in vigna, in particolare quando e come potare. Ad esempio dal numero di gemme fruttifere che lasciamo sul capo a frutto durante la potatura invernale (secca) andremo a determinare il carico di uva per ogni singola pianta. Sulla scelta influiscono molti fattori, la varietà della vite, l’età, le sue condizioni e infine quanta uva si vuole produrre. La stagione è questa, del tardo autunno, verso i primi di dicembre.

Cosa accadde per modificare così tanto il panorama agricolo delle nostre terre? Fu dapprima un insetto venuto dall’America, la fillossera, ad attaccare, ai primi del novecento, le viti autoctone, distruggendole in buona parte. Insieme ci furono i telai dell’industria tessile, era un lavoro, quello della fabbrica di allora, che restituiva un salario sicuro, preferibile alle incertezze del lavoro agricolo.

Di quelle antiche viti biogliesi ci restano alcuni nomi Rossolinna, Cardlinna (da tavola), Nerett dur; oggi la messa a dimora di una vite non si nutre solo di tradizione ma si fonda su accurati studi del terreno: in base alle sue caratteristiche, sabbioso, argilloso ecc. sarà indicato un certo tipo di vite perché mi aggiorna sempre l’esperto Moggio “La vite portainnesto è fondamentale, sempre a radice americana ma deve adattarsi alla parte aerea della vite europea. Noi dobbiamo trovare la migliore combinazione fra vite, terreno e microclima: la variabilità genetica dei vini dell’Alto Piemonte è proprio uno dei suoi grandi pregi! Il buon vino, è evidente, si fa in una buona vigna!” Di questa interessante conversazione, fatta non in presenza ma regolarmente a distanza, via telefono, ci sarebbe ancora molto da dire: teniamo in serbo ancora qualche scoperta per le prossime puntate dal vivo!

Anna Piovesan

 

Ringraziamo Gianni Moggio per la condivisione delle sue conoscenze storiche e per le foto qui pubblicate. Maggiori informazioni su “I am agricolo project”, il movimento di promozione e condivisione di esperienze legate alla vitivinicoltura artigianale dell’Alto Piemonte di cui Moggio è uno dei promotori, si trovano nell’omonima pagina Facebook

 

“Il presente contributo rientra nelle azioni previste dal progetto comunale denominato BioFarmLab cofinanziato da GAL Montagne Biellesi PSR 2014-2020 MIS. 7 SOTT. 7.4 OP 7.4.1” Progetto Bi(o)FarmLab- Quattro comuni, un progetto integrato di sviluppo sostenibile e solidale Bando Gal 2017